Maurizio di Maggio ci guida a scoprire la regione francese de l’Ardeche, l’idea per un fine settimana…. con distanziamento!
La regione del sud della Francia che prende il nome dal fiume Ardeche è un continuum di colline calcaree coperte da vegetazione quasi mediterranea, con pochi agglomerati urbani. Una zona perfetta per le vacanze open air che in questi tempi di distanziamento sociale sono scelte da molte famiglie.
A Vallon-Pont-D’arc il fiume scorre in mezzo a gole rocciose coperte di boschi di querce e di lecci e nel corso delle ere geologiche ha scavato un vero arco in una cresta calcarea: un ponte naturale di roccia molto scenografico con l’arcata alta 54 metri, sotto il quale passano centinaia di canoisti che seguono la corrente. Sulle strade intorno a Vallon-Pont-D’arc si incrociano solo pulmini con il carrello a rastrelliera per il trasporto di canoe e kayak, perchè vanno a recuperare i clienti che discendono le gole del fiume. Sono possibili escursioni dai 4 ai 30 km e più a valle ci sono rapide per fare rafting. Insomma Vallon-Pont-D’arc è un posto di vacanze all’aria aperta molto frequentato e ben organizzato non solo per le escursioni in canoa ma anche per il trekking, per le piste ciclabili e per i percorsi di mountain bike.
Sono stato al Ponte di Pietra diverse volte ma senza passarci in canoa, la gente faceva il bagno, le acque erano di un bel verde invitante. Quel passaggio sul fiume è stato utilizzato come ponte sull’Ardeche per millenni. Fino al 1600, quando il Re di Francia per impedire che ci passassero gli eserciti nemici lo fece restringere e indebolire. Oggi è vietato salirci e attraversarlo. Ho passato dei bei momenti romantici in riva al fiume Ardeche al tramonto. Ero in un glamping internazionale gestito da Richard e Hanneke, che sono olandesi, e i campeggiatori dell’Ardechois, molti dei quali tedeschi e olandesi, andavano a fare il bagno nel fiume dalle acque trasparenti ma piuttosto freddine. I pescatori lanciavano la lenza, i bambini tiravano sassi piatti e contavano i rimbalzi sull’acqua, si sentiva odore del barbecue nell’aria e tutti avevano una birra in mano.
Ma io ero lì per incontrare il passato, il grande passato anche se falso. Mi spiego: dalle parti dell’arco naturale di cui vi raccontavo prima, nel dicembre del 1994, 3 speleologi che esploravano una caverna scoprirono una serie di graffiti fatti dall’uomo preistorico più di 30.000 anni fa.
Un ritrovamento pazzesco, la caverna fu battezzata Chauvet dal nome di uno degli speleologi. Era difficilissimo penetrarci, occorreva strisciare in cunicoli ostruiti da sedimenti depositati nel corso dei millenni. Ancora oggi la caverna viene esplorata e studiata. Sarebbe stato impossibile aprirla al pubblico e sarebbe stato un errore: il fiato di migliaia di visitatori avrebbe degradato i disegni. E così hanno fatto un falso d’autore! Con i contributi europei hanno realizzato una fantastica opera costata 55 milioni di Euro, un parco a tema con un edificio centrale di grande design dove sono stati riprodotti fedelmente la grotta e i suoi graffiti. Ed è come entrare nell’originale, nella penombra, al fresco, con gli odori e la sensazione di umido della grotta Chauvet ma questa è Chauvet 2. Da quando l’hanno aperta nel 2015 ci passano centinaia di migliaia di persone ogni anno. Quest’anno con il Covid19 si entra solo muniti di mascherina, distanziati e a piccoli gruppi ma rimane una visita spettacolare.
La mia guida era una ragazzo sulla trentina, Raphael, un vero appassionato. Bellissimo seguirlo e capire come sono stati realizzati nell’antichità quei disegni meravigliosi, alla luce delle fiaccole, mentre da qualche parte dormivano gli orsi in letargo! Sono visibili le piazzole dove si accoccolavano gli orsi, hanno trovato ossa e scheletri di circa 200 orsi risalenti all’era glaciale, 36000 anni fa, quando la temperatura media era di 6 gradi e d’estate arrivava al massimo a 15. Nella grotta gli orsi segnavano con le unghiate il percorso perché avanzavano al buio per 500 metri nei cunicoli, dove la luce dall’ingresso non arrivava. Sulle pareti di quelle varie sale condivise tra esseri umani l’estate e orsi d’inverno, ci sono oltre 400 figure e altrettanti simboli: sulle pareti calcaree sono raffigurati rinoceronti, bufali in corsa, cavallini, orsi, mammuth, una cappella Sistina dell’Antichità! Stupefacente è il senso di prospettiva di alcune figure e la capacità degli artisti di riprodurre il movimento degli animali. E’ un fantastico affresco di come doveva essere la natura tra i 30.000 e i 22.000 anni fa perchè ad un certo punto deve essere crollato l’ingresso e la grotta è rimasta sigillata fino alla scoperta nel 1994. Nei dintorni hanno trovato altre grotte ornate cioè con graffiti e incisioni. Sono meno ricche di Chauvet ma stanno ancora esplorando e chissà che non trovino disegni rupestri ancora più interessanti.
Chauvet 2 è una riproduzione del luogo originale che verrebbe degradato dalla presenza umana, come accaduto per Lascaux e Altamira. Quindi l’unico modo per visitarlo in sicurezza è farne una copia perfetta. E un quesito si pone: in futuro visiteremo solo più luoghi virtuali o comunque falsi? In Chauvet 2 ci sono disegni di almeno 15 specie di animali diversi, peccato che non ci sia quello che avremmo voluto vedere di più. Pensateci…manca un autoritratto per capire come fossero i nostri antenati 30.000 anni fa. Non c’è nessuna figura umana, solo impronte dei palmi delle mani di esseri vissuti 30 millenni fa.