Per parlare della situazione attuale legata al Corona Virus nel Principato abbiamo incontrato il dottor Christophe Robino, Presidente della Commissione Interessi Sociali e Affari diversi del Conseil National, membro del “Comité mixte de suivi”, primario di Nefrologia al CHPG e medico interventista.
MCin: Dottor Robino come valuta la gestione della pandemia Covid-19 sia dal punto di vista medico che come rappresentante del Conseil National?
C.R.: Monaco è toccato dal virus così come il dipartimento delle Alpi Marittime. Abbiamo migliaia di persone che tutti i giorni entrano nel Principato, proveniente da Francia e Italia per lavoro, anche se in questo momento sono meno grazie al tele-lavoro. Conseguente è l’aumento di casi legati al corona virus non solo a Monaco ma anche nel dipartimento francese vicino a noi, quello delle Alpi Marittime.
MCin: Perché oggi a Monaco la situazione è molto più grave rispetto alla scorsa primavera? Non pensa che una causa sia la Francia un po’ troppo leggera nel far rispettare le regole sanitarie, anti-Covid?
C.R.: Per noi i due momenti non sono paragonabili. Durante la prima ondata il Principato di Monaco ha registrato pochi casi. Oggi la situazione non è più la stessa. Abbiamo molti casi; il sud-est della Francia è particolarmente toccato, Var e le Alpi Marittime. Il virus è diminuito solo in base alle misure più o meno severe che i Paesi hanno preso. Se a Monaco siamo stati così intensamente toccati a partire da metà dicembre ci sono due ragioni: la prima è la fine della quarantena in Francia che ha permesso ai cittadini francesi di entrare a Monaco e secondo, l’arrivo delle varianti, in particolare quella inglese che è presente nel nostro Paese. Tutto questo spiega l’accelerazione nella regione del numero di casi. Penso che le misure prese a Monaco siano buone ma non hanno potuto bloccare l’epidemia a causa dell’afflusso esterno delle persone. Le misure mirate a impedire la propagazione del virus in Francia devono essere rinforzate e sono oggetto ora da parte delle autorità francesi di più severità ma purtroppo si può constatare facilmente andando anche nelle città vicine che il rispetto delle misure, per impedire la propagazione del virus, resta a mio avviso insufficiente e tutto ciò spiega, in più della variante, la situazione di aggravamento. Per Monaco è molto importante, per evitare il continuo propagarsi del virus, il controllo del flusso di persone provenienti dalla Francia.
MCin: Lo stesso è quello che è capitato alla provincia di Imperia che è tornata arancione perché i francesi che andavano a fare spese e i frontalieri che andavano a lavorare in Francia sono stati infettati da chi non rispettava i gesti barriera. Ed era una delle zone d’Italia meno contagiata! Dottor Robino, le persone colpite da corona virus possono capire sulla base dei sintomi se sono state contagiate dalla variante inglese?
C.R.: No, lo facciamo noi con esami specifici. La malattia è la stessa. Quello che cambia è la velocità con cui si propaga, il virus è molto più contagioso quindi ci sono più casi ed anche più aggravamenti.
MCin: Il test molecolare (PCR) resta quello più affidabile che abbiamo in circolazione? Negli USA si utilizza diffusamente il molecolare (PCR) salivare, arriverà a Monaco?
C.R.: I salivari PCR sono effettivamente efficaci come quelli che utilizziamo naso-faringei e sono sicuramente meno fastidiosi e invasivi e si possono utilizzare anche per i bambini. Per quanto riguarda i test antigenici sembra che l’evoluzione dimostri che se si sceglie bene il tipo di test questo è performante. Fino ad oggi si diceva che gli antigenici dovevano essere riservati alle persone sintomatiche perché negli asintomatici c’era la possibilità del 50% di falso negativo. È un settore in cui le conoscenze evolvono di continuo.
MCin: Lei ritiene che è facile fare un test PCR o antigenico a Monaco?
C.R.: Abbiamo un’enorme capacità di testare la popolazione però i metodi per accedervi non sono sempre facili. Come medico sono a volte sollecitato per cercare di trovare soluzioni per eseguire un test in un lasso di tempo ragionevole, inoltre c’è da aggiungere che le nuove regole imposte dalla Francia ai residenti monegaschi di eseguire i test se si resta oltre 24 ore anche solo nelle Alpi Marittime, fa si che ci ritroviamo con ancora più richieste. Per questo motivo abbiamo chiesto al governo di eliminare la richiesta medica per eseguire un PCR al centro Leo Ferré. Questo dovrebbe accelerare i tempi. Il problema non è esaminare il test perché abbiamo le macchine ma abbiamo poco personale per eseguire i prelievi. Se arrivano 50 persone allo stesso tempo non possiamo eseguire i prelievi.
MCin: tornando al Principato, come avvengono la maggioranza dei contagi?
C.R.: la gente deve essere cosciente che a casa non si è più sicuri che in esterno. Se si invitano familiari o amici e si leva la maschera e ci si rilassa e una persona è positiva ci si contagia tutti. Bisogna capire che se un familiare è positivo deve isolarsi, so che non è facile. Il governo aveva proposto di isolare le persone in albergo ma la gente non si è mostrata favorevole a questa iniziativa. Preferiscono restare a casa, organizzandosi l’isolamento, anche se è molto difficile farlo se non si ha un appartamento grande, evitando i membri della famiglia e quindi ci ritroviamo in situazione di grande fragilità.
MCin: Quando usciremo da questa situazione? È la domanda che ci facciamo tutti.
C.R.: La vera speranza è la vaccinazione. Abbiamo vaccinato circa 5700/6000 persone. Abbiamo finito le prime dosi, abbiamo ricevuto circa 12 mila vaccini, quindi ora siamo alla seconda dose. Per ora abbiamo solo Pfizer-Biontech. Aspettiamo l’arrivo di altri vaccini ce lo comunicherà il governo. I vaccini arrivano dalla Francia che li fornisce al Principato di Monaco ed Andorra secondo le disposizioni dell’Unione Europea che ordina i vaccini e che poi li suddivide tra i vari Paesi.
MCin: Come va la vaccinazione del personale negli ospedali di Monaco? È vero che ci sono medici e infermieri che non vogliono vaccinarsi?
C.R.: La realtà è che come per la popolazione. C’è un piano vaccinale con priorità per il personale da vaccinare in funzione alla loro esposizione, al rischio e in funzione all’età e delle loro patologie. In priorità è stato vaccinato il personale medico e para-medico, con più di 50 anni, coloro che presentavano patologie e coloro che sono in contatto con i pazienti positivi al Covid-19. Appena riceveremo le nuove dosi continueremo con le vaccinazioni sia tra la popolazione che negli ospedali. In una crisi come questa è importante cercare di mantenere gli equilibri: proteggere le persone più fragili come gli anziani e gli ammalati; non paralizzare il sistema sanitario con troppi ricoveri, che si possono aggravare ed occupare la rianimazione, rispettare i gesti barriera. Bisogna che il personale medico sia sempre protetto e che abbia tutto il materiale adatto quando è in contatto con il malato e poi occorre vaccinare tutto il personale medico-sanitario dell’ospedale. Se si rispettano le regole di protezione è difficile ammalarsi.
MCin: Cosa pensa del passaporto vaccinale? E come risolvere il caso in Paesi che lo richiederanno?
C.R.: Tutto parte da un presupposto: la vaccinazione è obbligatoria o no? A Monaco esiste già un Certificato Internazionale di Vaccinazione dove risultano tutte le vaccinazioni che le persone possono fare e in particolare questo certificato sarà utile quando ci si dovrà recare in un Paese in cui certe vaccinazioni sono obbligatorie, come nel caso della febbre gialla. Quindi il passaporto vaccinale, già esiste, corrisponde a questo certificato. Basterà chiedere di far figurare sul certificato di aver fatto il vaccino contro il Covid-19 e la data di vaccinazione. Ora la domanda che poi ci si deve porre è, fino a quando il vaccino ci proteggerà efficacemente? Questo lo scopriremo tutti nei prossimi mesi seguendo l’evoluzione del tasso di anti-corpi nelle popolazioni vaccinate per capire sia la durata di copertura che la protezione vaccinale. Comunque sia il passaporto vaccinale o il certificato internazionale di vaccinazione avrà un’utilità solo se ci si renderà in un Paese in cui il vaccino sarà obbligatorio. Se il vaccino non è obbligatorio nel Paese in cui ci si reca non si potrà pretendere un passaporto vaccinale. L’unica cosa che si potrà continuare ad esigere sarà un test negativo, sapendo che il vaccino non garantisce 100% che la persona non sia portatrice di virus. Si può essere stati vaccinati, protetti ma essere portatori di virus e potenzialmente a rischio di contaminare gli altri. Il vaccino, voglio ricordarlo, fabbrica degli anti-corpi nel nostro sangue, che fanno sì che, se si prende il virus, non potrà svilupparsi in modo grave nel nostro organismo ma in forma minore. Quello che speriamo è che quando la maggioranza delle persone saranno vaccinate, sapendo che una persona vaccinata replicherà meno il virus rispetto ad uno non vaccinato, diminuiranno i contagi.
MCin: cosa pensa dell’esperienza Israeliana? Il Paese che ha vaccinato di più?
C.R.: Quello che sappiamo dell’esperienza israeliana è molto interessante perché Israele comunica tutte le informazioni dei loro vaccinati al laboratorio Pfizer e quindi abbiamo a disposizione uno studio dell’effetto della vaccinazione sulla popolazione di un grande Paese. Ad oggi è stato registrata una netta diminuzione del numero di ricoveri per forme gravi e in rianimazione grazie al fatto di aver vaccinato un gran numero della popolazione, se si paragona alle tre settimane precedenti l’inizio della vaccinazione. Chiaramente la vaccinazione permette di controllare la situazione. Avere forme leggere, che saranno curate facilmente o per cui basterà una quarantena, non paralizzerà più gli ospedali e la società in generale. Questa sarà la soluzione alla pandemia.