ARRIVO A MONACO DELLA MISSIONE “CAP CORSE, GOMBESSA 6”

Dopo 20 giorni d’immersione nelle profondità di Capo Corso il team di Gombessa 6 è giunto al porto di Monaco. Incontro via zoom con i 4 acquanauti guidati dal capo spedizione Laurent Ballesta.

Laurent Ballesta, fotografo, biologo e capo spedizione subacqueo e i suoi tre compagni Antonin Guilbert, Thibault Rauby e l’italiano Roberto Rinaldi (tutti subacquei esperti), si sono imbarcati in questa nuova spedizione, Gombessa 6 nel Mediterraneo, per 20 giorni, nel Parco Naturale Marino di Capo Corso e Agriate, per svelare il mistero di alcuni misteriosi cerchi (30 metri di diametro), scoperti a 120 metri di profondità. I subacquei hanno vissuto rinchiusi a bordo dell’imbarcazione, nella stazione Bathyale adibita a casa di decompressione che gli ha permesso, attraverso un ascensore, di uscire e andare dagli 80 ai 120 metri di profondità, tutti i giorni della spedizione. La loro decompressione è terminata proprio nel porto Hercule del Principato, tanto da incontrare la stampa attraverso un collegamento video zoom.

La formazione e l’origine di quelli che sembrano atolli di origine corallina, rimangono un mistero che il team di Gombessa, vuole chiarire anche grazie a diversi carotaggi che saranno studiati nelle prossime settimane, carotaggi non semplici da effettuare a quella profondità. Aggiunge Ballesta: “Abbiamo scoperto che i nuclei erano colonizzati da gorgonie di un tipo di solito visto in altri ambienti. Le Callogorgia per esempio si trovano di solito in acque molto più profonde. Ci sono anche delle piccole conchiglie perlate che si pensava fossero riservate alle barriere coralline tropicali“.

Oltre ai cerchi, Ballesta ha raccontato della loro scoperta di una lumaca di mare, una razza mai vista prima, che e stata denominata dai subacquei Mafi ma anche l’avvistamento di una cernia degli abissi gigante, molto più grande del tipo bruno, che già può arrivare fino a 33 chili, una cernia di cui si parla in alcuni libri di pesca ma mai visto fino ad oggi nel Mediterraneo. Il team subacqueo si è anche imbattuto in una serie di grotte sottomarine che meritano un’ulteriore esplorazione.

Ha aggiunto Thibaut Raub: “Prima dell’inizio della spedizione, avevo paura che passare 20 giorni su un fondo sabbioso sarebbe diventato rapidamente noioso. Ma abbiamo scoperto un’incredibile biodiversità. È stata una sorpresa molto bella. Abbiamo l’impressione di aver solo intravisto qualcosa di incredibile e, naturalmente, ti fa venire voglia di tornarci“. Entro settembre, i primi risultati scientifici, dovrebbero iniziare a fornire alcune risposte alle molte domande poste dagli anelli. Entro la fine dell’anno, arriveranno i risultati del DNA; i risultati finale a fine anno.

I subacquei hanno riportato anche molte immagini che permetteranno di fare un film (con Arte), un libro e la possibilità con tutto il materiale di organizzare conferenze sempre con l’obiettivo di sensibilizzare alla protezione dell’ambiente.

La spedizione ha potuto essere realizzata grazie al contributo di molti partner, tra i principali la Fondation Prince Albert II de Monaco.