ZONTA CLUB: LA GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE

In presenza di Céline Cottalorda, Delegato Interministeriale per i di Diritti delle donne a Monaco, lo Zonta Club ha presentato un incontro con la giovane storica, ricercatrice e scrittrice Lucile Peytavin, in occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

L’evento straordinario, si è svolto presso la Sala Conferenze della Stelios Philanthropic Foundation, ha offerto un’analisi innovativa e provocatoria su un tema di cruciale attualità, proponendo una prospettiva radicalmente diversa rispetto al tradizionale discorso sui diritti delle donne.

Un’analisi che sovverte le prospettive tradizionali

Il lavoro di Lucile Peytavin si distingue per un approccio audace e documentato. Invece di concentrarsi esclusivamente sulla protezione delle vittime e sulla punizione dei colpevoli, la storica francese pone una domanda fondamentale: cosa succederebbe se affrontassimo il problema della violenza maschile alla radice, partendo dall’educazione dei bambini?

La tesi centrale del libro è tanto semplice quanto rivoluzionaria: i valori della « virilità » insegnati ai bambini fin dalla più tenera età potrebbero essere la causa principale per cui, una volta diventati adulti, gli uomini risultano essere i principali autori di violenze, crimini e atti illegali. Questa concezione tossica della mascolinità non solo danneggia le vittime, ma costa allo Stato francese una cifra sbalorditiva: circa 95 miliardi di euro all’anno.

I numeri che fanno riflettere quando le statistiche parlano chiaro

Durante la conferenza, Peytavin ha presentato dati statistici impossibili da ignorare. In Francia, gli uomini rappresentano l’84% degli autori di incidenti stradali mortali, il 90% delle persone condannate dalla giustizia, l’86% degli imputati per omicidio e il 97% degli autori di violenze sessuali. Queste cifre non sono semplicemente numeri: rappresentano un costo economico monumentale per la società. I 95 miliardi di euro annui stimati dalla ricercatrice includono le spese dirette per i servizi di polizia, giudiziari, medici, educativi e carcerari, oltre ai costi indiretti legati alle sofferenze delle vittime, alle perdite di produttività e ai danni materiali.

C’è un aspetto ancora più drammatico: questa concezione tossica della virilità non danneggia soltanto la società nel suo complesso, ma gli stessi uomini. I comportamenti autodistruttivi associati ai modelli di mascolinità dominante contribuiscono a una mortalità prematura maschile significativamente più elevata.

Dall’infanzia all’età adulta: come si costruisce la virilità tossica

Uno degli aspetti più convincenti della presentazione di Lucile Peytavin riguarda l’analisi dei meccanismi educativi e sociali che plasmano i bambini fin dalla nascita. Ed ha spiegato come ai ragazzi venga insegnato a valorizzare la presa di rischio, a inibire le emozioni, a mostrare forza e dominio. Al contrario, l’educazione delle bambine tende a sviluppare empatia, rispetto degli altri, capacità di gestire le emozioni e attitudine alla cura. Questi modelli educativi profondamente radicati creano un continuum che va dai « piccoli » comportamenti trasgressivi dell’adolescenza fino alla perpetrazione di violenze gravi in età adulta. Il dato forse più illuminante emerso dalla ricerca: già nelle scuole medie, il 92% degli studenti sanzionati per atti di violenza contro persone o beni sono maschi. Questo conferma che i pattern comportamentali si stabiliscono molto presto e sono il risultato di condizionamenti culturali, non di predisposizioni biologiche.

Una proposta rivoluzionaria: educare i bambini come le bambine

Durante il dibattito che ha seguito la presentazione Peytavin ha lanciato una provocazione che ha suscitato un vivace scambio con il pubblico: « Perché non educhiamo i bambini come le bambine?« 

La domanda ha innescato una discussione appassionata. Diversi partecipanti hanno sottolineato che i valori a cui si riferiva la storica non dovrebbero essere etichettati come « valori femminili », ma piuttosto come « valori umanistici universali »: il rispetto degli altri, la pace, l’empatia, la capacità di gestire le proprie emozioni, la collaborazione invece della competizione aggressiva.

Questa precisazione è fondamentale: non si tratta di femminilizzare i bambini, ma di liberare tutti i bambini, indipendentemente dal genere, dalle gabbie dei ruoli stereotipati. Si tratta di permettere ai ragazzi di sviluppare la loro piena umanità, includendo qualità come la vulnerabilità, la cura, la sensibilità emotiva, che attualmente vengono represse in nome di una mascolinità considerata « autentica ».

Prevenire invece di punire: un cambio di paradigma necessario

L’approccio proposto da Lucile Peytavin rappresenta un cambio di paradigma fondamentale nelle politiche pubbliche. Invece di investire quasi esclusivamente nella repressione e nella gestione delle conseguenze della violenza maschile, perché non investire nella prevenzione primaria, trasformando i modelli educativi fin dall’infanzia?

La storica francese non nega l’importanza di proteggere le vittime e punire i colpevoli, ma sottolinea che senza un intervento educativo profondo, la società continuerà a produrre nuove generazioni di uomini violenti, perpetuando un ciclo distruttivo e costoso.

L’evento organizzato dallo Zonta Club di Monaco ha evidenziato come questa prospettiva possa aprire nuove strade nelle politiche di prevenzione della violenza di genere. Affrontare il problema alla radice, attraverso programmi educativi innovativi che decostruiscano gli stereotipi di genere fin dalla scuola materna, potrebbe rappresentare la vera rivoluzione nella lotta contro la violenza sulle donne.

Il ruolo dello Zonta Club nella sensibilizzazioneL’organizzazione di questo evento da parte dello Zonta Club di Monaco si inserisce perfettamente nella missione dell’organizzazione internazionale: promuovere i diritti delle donne e combattere ogni forma di violenza di genere attraverso l’educazione e la sensibilizzazione.