La delegazione del Principato di Monaco a Londra, dove si è svolta l’Assemblea, era composta da Isabelle Rosabrunetto, Direttore Generale del Dipartimento delle Relazioni Esterne e della Cooperazione e da Armelle Roudaut Lafon, Direttore degli Affari Marittimi.

L’edizione di quest’anno è stata segnata dall’elezione della Francia alla presidenza dell’organizzazione per il prossimo biennio. Alla guida dell’OMI è stata scelta Marine de Carne, già Ambasciatore di Francia a Monaco, sostenuta anche dal Principato.
Durante i lavori, si è discusso a lungo di sicurezza marittima, in particolare della crescente presenza delle cosiddette shadow fleet, flotte fantasma difficili da tracciare, insieme ai rischi legati alla pirateria e ai recenti episodi di disturbo delle comunicazioni in mare.
Un altro tema centrale ha riguardato l’impatto delle nuove tecnologie sul settore marittimo. Diversi Paesi in via di sviluppo hanno evidenziato l’urgenza di ricevere supporto tecnico e finanziario, sia dall’OMI sia dagli Stati membri, per poter affrontare in modo efficace queste trasformazioni.
La questione della riduzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi è stata ampiamente discussa ma non si è giunti a una decisione condivisa. Numerosi Paesi hanno infatti richiesto più tempo per trovare un consenso, sottolineando i costi elevati dei carburanti meno inquinanti che, alla fine, ricadrebbero sui consumatori.
Nel corso dell’Assemblea, Monaco ha aderito alla coalizione “Quiet Ocean”, guidata da Canada e Colombia, che mira a ridurre l’inquinamento acustico marino causato dalla navigazione, un problema particolarmente dannoso per i cetacei. Questa iniziativa si inserisce nel solco dell’impegno storico del Principato per la tutela della fauna marina, portato avanti anche attraverso gli accordi ACCOBAMS e Pelagos.
Infine, le elezioni svolte durante la sessione hanno rinnovato il Consiglio Esecutivo dell’OMI, composto da 40 membri suddivisi in tre categorie in base al tonnellaggio delle flotte nazionali e alla necessità di garantire un equilibrio geografico. La competizione per l’elezione è risultata particolarmente intensa e i Paesi europei faticano sempre più a mantenere la loro rappresentanza di fronte al peso crescente di altre regioni, in particolare dei Paesi esportatori di petrolio.
