Alla vigilia della Festa del Principe di Monaco, MonteCarloin ha incontrato il Maestro Roberto Abbado che dirigerà l’opera Lucia di Lammermoor.
MCin: Maestro la musica è la protagonista della vostra famiglia la sua professione è stata decisa quando lei era piccolo?
R.A.: Assolutamente no. Al contrario da piccolo proprio non ci pensavo e non ho mai scelto scorciatoie in seguito. Mio padre Marcello, era un pianista specializzato in due autori Mozart e Debussy. Ricordo l’esperienza con mio fratello sotto al pianoforte a coda da bambini e di essere immersi nel suono. Un’esperienza straordinaria che io consiglio a tutti i bambini, il corpo vibra e la musica di Debussy è molto emozionante. Crescendo non ero molto interessato alla musica mi interessavano le cose meccaniche e in particolare gli aeroplani. Poi ci siamo trasferiti da Milano, dove ero nato, a Pesaro perché mio padre era stato nominato direttore del conservatorio. Cambiando scuola cominciai a studiare musica, solfeggio e pianoforte. Rimasi colpito di come riuscissi a imparare rapidamente e facilmente. A 15 anni il mio professore di solfeggio mi propose di dirigere un piccolo saggio al conservatorio, perché lui insegnava ai bambini con il metodo Carl Orff il compositore di Carmine Burana. Io dissi di non saperlo fare e lui rispose di non preoccuparmi che mi avrebbe insegnato. Diressi poche canzoni per coro con una piccola orchestra di bambini che suonavano strumenti a percussioni. Alla mia prima prova rimasi folgorato dall’esperienza. Se fino allora non sapevo quale fosse la mia strada, in quel momento ebbi il colpo di fulmine per la musica. All’adolescenza le emozioni sono fortissime, durante la notte non riuscii a dormire e decisi che volevo fare il direttore d’orchestra. A Pesaro non c’erano grandi scuole, quindi cominciai a formare una piccola orchestra d’archi con i compagni di conservatorio grazie all’aiuto del nostro insegnante di violino che aveva un gran carisma sugli studenti. Poi mi trasferii a Milano dove c’era un corso per direttori d’orchestra e li ebbi la possibilità di entrare alla Scala perché mio padre nel frattempo era diventato Direttore del Conservatorio di Milano ed aveva siglato un accordo con il sovraintendete Paolo Grassi, per cui gli studenti di direzione d’orchestra del conservatorio potevano assistere a tutte le prove orchestrali.
MCin: Quando ha diretto il suo primo vero concerto e a che età?
R.A.: Ho avuto una grande fortuna, a 22 anni. Stavo studiando all’Accademia Santa Cecilia di Roma e le lezioni erano addirittura con l’orchestra dell’accademia, parliamo di una delle grandi orchestre italiane. I professori dell’orchestra mi segnalarono all’allora presidente Mario Zafred, perché dovevano fare un concerto a Rieti e avevano pensato di dare a me questa opportunità.
MCin: Quando era ragazzo quale direttore d’orchestra ammirava?
R.A.: Ho avuto la fortuna di studiare con un grande direttore d’orchestra che si chiamava Franco Ferrara il quale ebbe una carriera brevissima a causa di una malattia, lui ebbe un grande ascendente su di me ed era considerato da giovane insieme all’altro giovane Herbert Von Karajan tra coloro che sarebbero diventati i migliori direttori d’orchestra. E poi ho sempre avuto una grande ammirazione per mio zio Claudio (Abbado) mentre colui che invece più mi ha emozionato è stato il maestro Carlos Kleiber, che sempre alla Scala in quegli anni ho visto spesso alle prove ed ammirato il suo personalissimo modo di lavorare con l’orchestra.
MCin: Cosa pensa delle donne direttrici d’orchestra?
R.A.: Le donne direttrici d’orchestra stanno aumentando tantissimo e c’è molta attenzione su di loro. Sono pochi anni che hanno iniziato a fare questa carriera semplicemente perché il dirigere un’orchestra era considerato un lavoro da maschio ma le donne possano fare qualsiasi lavoro e sanno fare tutto.
MCin: Quali sono i suoi compositori preferiti?
R.A.: La musica di Debussy è la Francia, la mia Francia immaginaria di quando ero piccolo, perché la musica è immaginazione e poi per me c’è il grande Beethoven; a 17 anni mi venne la Brahmsite, un vera passione per Brahms, giustificata dalla grandezza del compositore. Scoprii l’Opera alla Scala. Mi fu proposto di dirigere a 23 anni il Simon Boccanegra di Verdi all’Arena Sferisterio d Macerata con un cast stellare: Renato Bruson, Cesare Siepi il più grande basso italiano e il soprano Ilva Ligabue. Lì m’innamorai di Verdi ed è l’autore che mi sta a cuore anche perché sono il direttore musicale del Festival Verdi, Verdi è il mio pane quotidiano.
Mcin: Qui a Monte-Carlo dirigerà la Lucia di Lammermoor di Donizetti, per lei sarà un piacere dirigere a Monaco dove risiede.
R.A.: Gioco in casa ma sono un debuttante è la prima volta che dirigo alla salle des Princes del Grimaldi e non ho mai diretto neppure all’Opera Garnier un vero gioiello, un teatro fantastico. Conosco invece l’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo, ottima orchestra, con cui ho fatto una tournée in Russia. Per quanto riguarda la Lucia di Lammermoor è la più bella opere di Donizetti, il suo capolavoro.
Opera romantica, che ruppe alcune convenzioni pur mantenendo uno schema classico, a struttura dei pezzi musicali, è post Rossiniana. L’opera avrebbe dovuto terminare con una scena di Lucia, la protagonista, invece c’è la scena della pazzia con il coro ma Lucia non muore e l’opera termina con la scena del tenore sulle tombe degli avi, durante questa scena si sente una campana a morto e il coro ci annuncia che Lucia è morta a questo segue il suicidio di Edgardo. Altra rottura delle convenzioni è che il tenore, protagonista numero due dell’opera, dovrebbe cantare una romanza, una cavatina, invece canta un duetto e questo è non normale per anche il finale del primo atto. Anche questo finale non rispetta i canoni, perché dovrebbe includere il coro. Oltre a questo c’è il ruolo dell’orchestra con Lucia. Donizetti pensò ad una drammaturgia orchestrale e due tipi di colori uno scuro per Edgardo e il fratello di Lucia Enrico, rappresentato dalla sezione dei corni che ci fanno pensare alla foresta con richiami cavallereschi e il colore chiaro legato a lucia, una ragazza fragile, accompagnata dall’arpa e il suono della glassa armonica, uno strumento composto da bicchieri e tubi di cristallo che realizza dei suoni armonici acutissimi molto eterei e che ci proiettano in un mondo astratto siderale, magico e che rappresenta il mondo di Lucia che ci lascia con la sua mente, molto commovente. Donizetti sarà seguito in queste innovazioni e il ruolo dell’orchestra aumenterà con una transizione graduale.
MCin: Maestro il prossimo impegno dove sarà?
R.A.: Dopo Monte-Carlo parto per Kuala Lampoor in Malesia per dirigere la Malaysian Philharmonic Orchestra, orchestra internazionale con musicisti europei, americani, australiani, cinesi e giapponesi e qualche maltese.