ROMA: LA MAGIA DI CAMPO DE’ FIORI

Campo de’ Fiori è senza dubbio una delle piazze più celebri di Roma non soltanto per motivi storici e artistici ma soprattutto per la sua capacità trasformista cioè di cambiare il suo aspetto, nel corso della giornata e di offrire sempre uno spettacolo affascinante.

Ft.©F.Sirignani

Ogni mattina la piazza si riempie di banchi del mercato con i loro grandi ombrelloni che riparano, dal sole o dalla pioggia, la frutta, le verdure, i fiori e le piante ornamentali, gli utensili casalinghi o gli articoli di abbigliamento a buon prezzo. C’è un forte vociare dei venditori che contrattano con i clienti (il prezzo non è sempre fisso anzi…è molto “variabile”), nell’aria si avvertono profumi e aromi mescolati in un indecifrabile ma gradevole bouquet: cosa è più buono dell’odore del basilico o della pizza bianca e oleosa appena uscita dal forno? Anche i colori esplodono all’improvviso sulla piazza che diventa più variopinta della tavolozza di un pittore: il rosso dei pomodori, dei peperoncini, delle angurie o il giallo dei meloni, delle pesche e dei limoni, il verde, più o meno intenso, delle insalate, degli spinaci o dei rotondi carciofi romaneschi…

 Alla fine della mattinata, i banchi, come per incanto, vengono tolti e si procede a un rapido cambio di scenografia: la piazza, divenuta più libera e sgombra, diventa luogo di passeggio e d’incontro. I turisti possono meglio ammirare le architetture e le curiosità dei palazzi e delle botteghe artigianali.

I palazzetti, che circondano la piazza, infatti non sono imponenti come il vicino palazzo Farnese sull’omonima piazza o quello della Cancelleria ma offrono spunti di curiosità e di interesse per le loro decorazioni, le targhe e gli antichi stemmi familiari.

Quando cala la sera però, Campo de’ Fiori assume il suo volto più fascinoso: si accendono le luci, più o meno soffuse, degli innumerevoli locali: tipiche osterie romanesche ed eleganti ristoranti, enoteche, fast food, locali con cucina e nomi esotici o golose gelaterie artigianali…Il popolo della notte invade la piazza, a volte in modo rumoroso, e solo alle prime luci dell’alba scende finalmente   il silenzio.

Per comprendere questa strana “magia” che caratterizza Campo de’ Fiori, si deve tener conto della sua lunga vicenda storica. La piazza, come ci ricorda il suo nome, era uno spazioso prato fiorito che scendeva lungo la riva sinistra del Tevere. Verso la metà del Quattrocento, i fiori sparirono sotto la pavimentazione voluta dal papa Eugenio IV e l’apertura della via Florea, ora via del Pellegrino, il nuovo mercato a piazza Navona e la vicina università La Sapienza resero la zona un centro di vita intellettuale e commerciale. Si aprirono nuove hostarie e piccoli alberghi, nelle strade vicine fiorirono i negozi degli artigiani che erano anche la loro abitazione. Le strade vicino a Campo de’ Fiori conservano ancora il loro nome: chiavari, giubbonari, cappellari, baullari, acetai, librari, cartari…

Col passare dei secoli, la fama di Campo de’ Fiori divenne sempre più grande sia per le splendide feste, i cortei e i palii che rallegravano il popolo romano sia per le torture e le esecuzioni capitali che lì venivano eseguite. Il monumento a Giordano Bruno, che si erge al centro della piazza, ricorda il tragico rogo al quale fu condannato come eretico il frate filosofo di Nola. La scultura in bronzo realizzata da Ettore Ferrari nel 1887, raffigura Giordano Bruno in piedi mentre stringe fra le mani il libro delle sue teorie.

 Il tempo ha cancellato gli orrori delle condanne a morte e delle torture e anche molti altri aspetti che caratterizzavano Campo de’ Fiori fra cui, ne è un esempio, la chiusura di numerose botteghe artigiane sopraffatte dallo sviluppo della produzione industriale. Basta, però, prendere uno stradario di Roma, in particolare del rione Parione e Regola, per trovare le tracce, attraverso la toponomastica, di un periodo in cui vie e piazze assumevano il nome legato ai mestieri che vi si svolgevano e molti dei quali sono ormai in disuso.

Gli acquaricciari (acquaioli), i calderari, i cordari, i saponari, i sugherari hanno lasciato il posto ai bar, alle erboristerie e ai negozi di souvenir ma, se ci si avventura nelle stradine e i vicoli intorno alla piazza, si possono ancora visitare negozi di orafi raffinati, di restauratori e antiquari, di prodotti in pelle come guanti, borse e cinture.

Scoprire ciò che resta della “romanità” è una affascinante caccia al tesoro che non ha mai fine perché Roma stessa è una riserva inesauribile di preziose meraviglie.

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A propos Francesca Sirignani 38 Articles
Giornalista pubblicista specializzata in tematiche turistiche, enogastronomiche e wellness. È docente al Master “Comunicazione per il settore enologico e il territorio” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e ha anche collaborato in diversi progetti europei e di Legislazione Turistica che le hanno permesso di accompagnare gruppi in molte destinazioni del mondo. È iscritta al GIST cioè al Gruppo Italiano Stampa Turistica. Su MonteCarloin racconterà, in particolare, le bellezze naturalistiche e culturali dell’Italia