“È un festival durante il quale non si sa mai cosa succede!” Così esordisce Ezio Greggio parlando del Monte-Carlo Film Festival de la Comédie e introducendo la Masterclass Comedy Talks, incontro tra i protagonisti del Festival svoltosi al Fairmont Hotel durante la giornata internazionale della festa delle donne. E sul palco di donne ce n’erano tre: le due attrici, facenti parte della giuria, Sandra Milo di giallo mimosa vestita e Mathilda May di mare turchese abbigliata e, in veste (nera) di moderatrice, la giornalista e critica cinematografica Piera Detassis. Il regista e scrittore Paolo Genovese è il primo ad intervenire sull’argomento dell’incontro: la commedia di ieri vs la commedia di oggi, ricordando che c’è quasi un senso di colpa per chi ride e che il riso a volte è considerando indice di leggerezza o superficialità, che all’interno della commedia esistono più generi: drammatico, sentimentale, comico in un complesso e difficile equilibrio e nella quale la società è raccontata con un punto di vista ironico. Il regista ha ribadito che la commedia è degna della critica di alto livello, di premi, che ha un valore artistico come tutti gli altri generi. E Perfetti sconosciuti, film da lui diretto nel 2016, ne è la testimonianza: ha vinto il premio David di Donatello come miglior film. Chi meglio di Sandra Milo poteva poi parlare dell’eccellenza della commedia italiana, una commedia che ci appartiene perché all’interno vi è autoironia e tragedia. L’attrice ricorda gli affreschi della società che Fellini sapeva fare con i suoi film e poi parla del regista Antonio Pietrangeli. Un uomo che a differenza degli altri registi dell’epoca non faceva “il personaggio” e col quale l’attrice ha girato il più bel film della sua vita: La visita. All’inizio il rapporto tra i due non era stato facile, lui quando arrivava lei sul set diceva: “Eccola, Eleonora Duse!” e Franco Zeffirelli, che era il suo aiuto regista, la consolava dicendole di non prenderserla. Insieme hanno poi realizzato altri tre film. L’attrice si commuove raccontando il personaggio di Pina, donna che cercava l’amore con candore e tenerezza e raccontata con grazia e femminilità dal regista romano. Interviene un altro giurato del Festival Edoardo Leo, attore e regista che dipinge, con l’ironia che gli appartiene, una fotografia del rapporto regista, produttore, distributore. Parla della difficoltà di ambire a premi per le commedie e dei pregiudizi, della paura da parte dei produttori, delle scene “lente”, del desiderio di far uscire il pubblico dalla sala con una canzone allegra. Cita Kubrick che diceva che per essere liberi occorre incassare tanto. L’attore di Smetto quando voglio confessa che dopo 30 anni di commedia all’italiana è difficile per i registi di oggi confrontarsi con uno zaino così pesante e parla poi della velocità dei nostri tempi: dalla scrittura a quando il film esce nelle sale la realtà non è più la stessa.
Paolo Genovese svela il fil rouge che unisce i film di successo degli ultimi anni: i produttori non volevano farli uscire e insiste sull’importanza dell’idea, della storia, di una buona sceneggiatura. L’attrice francese Mathilda May conferma che in Francia gli attori hanno le stesse preoccupazioni degli attori italiani e che le commedie non vengono considerate abbastanza dalla critica. Dichiara che la commedia è una necessità vitale, che possiede la giusta distanza per far diventare accettabile la realtà. Affascina mentre parla in italiano e difende l’idea di ridere. In un’epoca in cui tutto ci divide: “Quando si ride, siamo uguali.”
Sul palco vi è anche l’attore Salvatore Esposito che mette l’accento su quanto il cinema oggi possa dare al pubblico, cose che non sa e che potrebbero piacergli e sull’aumento del pubblico attraverso i social e i supporti tecnologici. La mancanza di apporto alla cultura da parte della politica odierna è denunciata dalla signora Milo. Il comune desiderio di tutti i protagonisti dell’incontro è quello di vedere un giorno insegnata nelle scuole, ad una generazione che vive e si esprime con gli strumenti audiovisivi, una nuova materia: l’audiovisivo. Aspettando di vedere attuato questo auspicio, io ne avrei un altro da aggiungere: mi piacerebbe che attraverso l’audiovisivo fosse insegnata alle future generazioni l’educazione sentimentale. Pensate che generazione! Viva la commedia! Quella fatta di storie nelle quali ci si può identificare e che ti tengono incollata alla poltrona fino alla fine.